la siccità e il mercato

Il fatto è che è venuta la siccità.
Fino a ieri nessuno pensava che fosse possibile, abituati come eravamo a piogge e temporali, e la neve, e i ghiacciai e le montagne cariche d’acqua gelata che al momento opportuno si scioglieva in torrenti, fiumi, fonti, zampilli nei boschi e falde stracariche e trasudanti di acqua fresca, azzurra e chiara.
E così docce e shampoo, bagni coi sali, lavatrici e lavastoviglie, lavaggi auto, piscine, prati all’inglese anche in Sicilia (che se si chiamano all’inglese ci sarà un motivo!), con impianti di irrigazione che un’ora sì e un’ora no nebulizzavano quintali e quintali d’acqua al solo fine di curare la bellezza di un manto erboso verde e gonfio d’umidità: che poi mica è acqua sprecata! E’ acqua che torna nelle falde, ricompare nei pozzi o alle sorgenti e ritorna pronta all’uso.
E le industrie? Siderurgia, agricoltura, zootecnia, meccanica, edilizia, chimica… migliaia di migliaia di tonnellate al giorno.
Ma il problema non c’era: il magico ciclo che imparammo alle elementari (quello del mare che evapora e forma le nuvole che poi donano l’acqua sotto forma di pioggia) si ripeteva con regolarità; con una tale regolarità da essere fastidioso al punto d’aver inventato motti del tipo: piove, governo ladro. Come a dire che la pioggia era una scocciatura, un fastidio, un insulto impostoci da un dio incapace, colpevole solo e sempre di sottrarci felicità: il governo ladro, appunto.
Che Tempo fa? Uffa, anche oggi nuvoloso, dicevamo.
Ora non è più nuvoloso: c’è un cielo terso e azzurro, senza nemmeno una nuvoletta, da anni ormai.
Così è arrivata la siccità.
Per un po’ ci hanno detto che non era un problema e ci hanno illusi con continui annunci di avvistamenti di nuvole in avvicinamento o di prossime basse pressioni e invece… non c’è più acqua.
Non c’è più acqua per l’agricoltura, per i laminatoi, per gli animali; per alcuni non c’è più nemmeno l’acqua da bere. Siamo preoccupati e, scaricando la responsabilità ad altri diversi da noi, chiediamo ai governanti di fare il necessario per risolvere l’emergenza. Naturalmente appena possibile sprechiamo un po’ della residua acqua sia per la forza dell’abitudine sia per autoconvincerci che il dramma è per gli altri e non per noi.
I governanti, perpetrando lo scarica barile, si sono affidati ai più esperti meteorologi e rabdomanti che, pensa e ripensa, hanno partorito una geniale idea per una possibile via d’uscita dalla siccità:
1) far pagare di più l’acqua da bere;
2) limitare il consumo dell’acqua da bere;
3) provvedere al graduale riempimento delle falde d’acqua, ora secche, mediante irrigazione.
Va bene, paghiamo di più l’acqua da bere perché essa costituisce un consumo significativo in quanto beviamo tutti; invece piscine e prati inglesi, che pure consumano per ammissione dei rabdomanti stessi, hanno un consumo stimato relativamente inferiore e quindi una maggiore entrata derivante da imposizioni sull’acqua per piscine non darebbe il gettito atteso così come invece le maggiori entrate per imposte sull’acqua da bere.
Magari si potevano fare tutte e due ma… va bene.
Limitare l’acqua da bere, per le stesse ragioni di prima; anche perché bere bevi ogni giorno mentre la piscina la cambi una volta al mese o a stagione, non so bene.
Sta di fatto che per alcuni non c’è più nemmeno l’acqua da bere e già si contano le prime morti per sete o da disidratazione.
Poi c’è il terzo punto: quello di innaffiare le zone sopra le falde per riempire le falde stesse.
La chiamano “la ricrescita”. Mah!
Se prendiamo la poca acqua che abbiamo, la buttiamo nel terreno per farla arrivare alle falde e poi la ripeschiamo abbiamo solo sprecato tempo e soldi e di acqua ne avremo sempre meno.
Sprechiamo proprio l’acqua che ci manca nell’illusione che l’acqua si possa seminare spargendola in terra per poi raccoglierla a primavera; oltre tutto, se anche fosse, bisognerebbe innaffiare!!
Alle elementari, ricordate? Il mare evapora, forma le nuvole e poi piove.
L’acqua arriva così. Solo così!
Per avere l’acqua ci vuole la pioggia e perché piova ci vogliono le nuvole.
Ecco il problema: non ci sono più le nuvole.
Sì è vero, prima sprecavamo acqua al biondo dio senza porci alcun freno: se fossimo stati più attenti? Se avessimo avuto comportamenti meno avidi e più responsabili? E il buco nell’ozono? E le centinaia di atomiche da Bikini in poi? ecc. ecc.
Resta il fatto che adesso non ci sono più le nuvole e sembra che nessuno se ne accorga.
E il mare? Il sole? Il vapore.
No, quelli, almeno per il momento, ci sono ancora; è che è girato il vento e le nuvole si accumulano altrove, lontano da qui.
Le nuvole sono andate in Asia, in Sud America… mentre qui non si fermano più, non ci sono più.
Qui c’è la siccità.
Gli animali la conoscono la siccità, meglio di noi. E meglio di noi sanno cosa fare e a quali rischi si va incontro.
Cosa fare? Migrare, in cerca di un territorio fertile e rigoglioso, bagnato da benefiche piogge, coperto da nuvole gonfie e generose.
Quali rischi si corrono? La morte!! La morte per disidratazione, per fame e per sete prima d’aver trovato il nuovo Eden, se ci si è messi in cammino; o a casa propria se non ci si è mossi.
Le 3 Grazie: Rigore, Tasse e Ricrescita possono solo accelerare la morte sprecando la poca acqua residua in una improbabile operazione di innaffio delle falde acquifere secche.
La mia proposta? Non la so! Tu prova a sostituire acqua con ricchezza, pioggia con lavoro e nuvole con mercato.

diritti acquisiti

Il dott. Polillo, sottosegretario del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ospite della puntata di ieri sera, 26 aprile 2012, di Linea Notte RAI 3, ha informato il pubblico circa il fatto che il Codice Civile (se non sbaglio) che, sempre per sua dichiarazione, viene prima della Costituzione, prevede la nullità di un contratto che divenga troppo o eccessivamente oneroso.
Questa considerazione veniva a spiegare la ragione per cui una parte di “esodati” potrebbe dover rientrare al proprio posto di lavoro poiché il contratto in base al quale avrebbero dovuto accedere al regime pensionistico si rivela, allo stato dell’arte, troppo oneroso per lo Stato.
Questo, a mio avviso, significa dichiarare che non esistono diritti acquisiti inalienabili.
Il sig. Pinco Pallino ha firmato un contratto con il suo datore di lavoro e l’INPS in base al quale, da subito, smette di lavorare, quindi non ha più posto di lavoro (che viene eliminato o occupato da altri) e percepisce  da un fondo privato un assegno fino al giorno, contrattualmente pattuito, di erogazione della pensione INPS.
Il contratto risulta essere troppo oneroso per lo Stato e quindi dichiarato nullo.
Io, per quello che vale, ritengo che “il principio” sia giusto e condivisibile.
Anche un privato cittadino si comporta, giustamente, così: pattuisce una paghetta con un figlio e poi un giorno dice che deve dimezzargliela perché non ha più abbastanza soldi; oppure, sempre a quel figlio, non può più pagare l’università sempre perché non ha più soldi (e non importa perché non ha più soldi) ecc.
Quindi lo Stato fa bene a rivedere i contratti divenuti troppo onerosi.
Oh bene…. quindi suggerirei allo Stato, e in particolare al Dott. Polillo, di rivedere posizioni contrattualmente divenute troppo onerose (o almeno così a me sembra) come queste:

M. Sentinelli – pensione: € 3.259 al giorno (€ 90.247 al mese – € 1.173.205 annui);
M. Gambaro – pensione: € 1.847 al giorno (€ 51.160,28 al mese – € 665.084 annui);
A. De Petris – pensione: € 1.815 al giorno (€ 50.224 al mese – € 653.567 annui);
G. Fanelli – pensione: € 1.669 al giorno (€ 50.765 al mese – € 609.185 annui);
V. Gamberale – pensione: € 1.595 al giorno (€ 44.782 al mese – € 582.575 annui);
o i casi riportati in questo elenco de “l’Espresso”;
nonché gli elenchi riportati da Mario Giordano in “Sanguisughe”;
ecc…

oppure i 25 incarichi di Antonio Mastrapasqua (non sono riuscito a troverne l’elenco e noto che non c’é la voce a lui relativa in Wikipedia nè si trovano, facilmente, biografie all’infuori di quelle “ufficiali”) e relativi emolumenti per circa 1,5 milioni di €/anno;
o Roberto Poli, Presidente di Eni, 3,29 milioni di €/anno;
o Giancarlo Cimoli, FFSS e Alitalia, con stipendi nell’ordine di 2,7 mil. di €/anno e liquidazioni di circa 6,7 milioni di €uro);
o Antonio Malaschini con 519.000 €/anno di pensione e 190.000 €/anno di compenso quale Sotto Segretario ai rapporti con il Parlamento;
ecc…

oppure i 7.050.000 €/anno2011 per i servizi di pulizia della Camera dei Deputati;
o i 228.000.000 di € di costo del Quirinale;

eccetera eccetera eccetera….
Sono tutti dipendenti pubblici a carico dello Stato o spese dirette dello Stato.

Ecco, forse sono contratti divenuti troppo onerosi, o no?
Non dico di annullarli, ma rivederli sicuramente sì!

la ricrescita

due cose:
1) da una parte c’é una larga fetta di Italiani che hanno già tutto: la casa, la macchina, due telefonini, televisore al plasma, 50 elettrodomestici ecc. e che possono reggere ad una diminuzione del reddito riuscendo a mantenere il loro trend di vita e se guadagnano un po’ di più giustamente non sperperano col 51 elettrodomestico o l’auto all’ultimo grido.
2) dall’altra parte c’é gente che fa fatica a tirare la fine del mese e se riuscisse ad avere qualche euro in più semplicemente farebbero meno fatica ma ben poco sarebbe l’incremento della domanda a loro dovuta.

Le necessità primarie sono cibo ed energia e sono i territori in cui si avverte meno il calo della domanda e dove prezzi e tasse crescono a dismisura.
Il caviale non aumenta ma pane, latte, benzina e gas… quelli sì!
Qualcosa non quadra.